Dalla quarta Commissione
Concluse le audizioni sulla riforma del welfare per gli anziani
Testi allegati di Acli e Ordine assistenti sociali
Pomeriggio
di audizioni sul ddl Zeni che hanno chiuso la fase di consultazione
sul welfare per gli anziani in Quarta commissione, presieduta da
Giuseppe Detomas (Ual). I primi a essere sentiti sono stati i
rappresentanti del collegio infermieri (Ipasvi); degli educatori
professionali (Anep); dell’Ordine degli assistenti sociali. Angela
Rosignoli, presidente degli assistenti sociali, ha espresso parere
favorevole alla riforma nel suo complesso. Sul testo l’Ordine ha
avanzato tre indicazioni: la prima riguarda il ruolo da specificare
nelle funzioni di responsabilità dell’assistente sociale nello
“Spazio argento” e la figura dell’assistente sociale
specialista; la seconda la necessità di una formazione per il
personale che vedrà cambiato il proprio ruolo; la terza la
l’introduzione degli assistenti sociali nel lavoro di comunità
oggi riservato, in base al documento uscito dal tavolo di lavoro
sulla riforma del welfare, agli educatori professionali.Edda
Valduga dell’Ipavsi ha detto che il collegio appoggia il ddl Zeni e
ritiene importante l’introduzione di un ulteriore tassello nella
rete dei servizi. Anche Anna Giacomuzzi, presidente Anep, ha espresso
soddisfazione per la riforma.
Le
Acli: gli anziani vanno visti come una risorsa.
Per
Luca Oliver, presidente delle Acli e Claudio Barbacovi, del sindacato
pensionati Acli, la riforma, pienamente condivisa, ha il pregio di
affrontare un problema che riguarda sempre più il futuro in modo
globale, senza soffermarsi solo sulle emergenze. Il presidente Acli
ha sottolineato che l’anziano va visto come risorsa, anche perché
i servizi alla persona rappresentano in “mercato” in crescita e
generano economia. Sul piano dei bisogni va affrontato quello di
relazione che ha la necessità di una rete e di risposte offerte da
professionalità adeguate. Oliver ha anche ricordato che nel sistema
di welfare non bastano le risorse pubbliche, ma un ruolo sempre più
importante è giocato dal privato sociale che va aiutato e stimolato.
C’è poi la necessità di monitorare costantemente i bisogno e per
farlo, secondo le Acli, andrebbero anche coinvolti nella gestione
dell’Apsp gli stessi fruitori dei servizi. Sul modello in generale,
il presidente Acli ha chiesto di insistere sulla domiciliarità
costruendo una rete variegata di servizi. Infine, Oliver ha
raccomandato che la riforma sia accompagnata da risorse finanziarie
sufficienti. Barbacovi ha infine sottolineato la necessità della
presenza dei familiari degli ospiti nei cda delle Rsa.
Rispondendo
una domanda di Violetta Plotegher (PD) Barbacovi ha detto che lo
“Spazio argento” sembra ancora un po’ fumoso anche se le Acli
auspicano che divenga in vero punto di riferimento per chi vuole
accedere ai servizi. Sulla partecipazione Oliver ha detto che il
nodo, molto delicato, è quello della gestione delle Apsp. Dando
risposta a Walter Viola (PT) il presidente Acli ha affermato che
puntare sulla domiciliarità è fattibile, come si sta facendo con
successo in Svezia e Danimarca. Ma bisogna mettersi nell’ordine di
idee che i posti in casa di riposo vanno progressivamente limitati e
al tempo stesso va creata una rete di solidarietà. Condivisa da
Barbacovi, sul piano della partecipazione, la proposta avanzata da
Viola di affiancare ai cda delle Apsp comitati di gestione aperti ai
familiari.
I
circoli pensionati: si deve contrastare la solitudine.
Il
segretario del Coordinamento circoli pensionati e anziani, Redolfi,
ha sottolineato, esprimendosi a favore della riforma Zeni, la
necessità di contrastare la solitudine, purtroppo sempre più
estesa. Un lavoro che i circoli, in Trentino sono 126 con 25 mila
iscritti, stanno facendo in modo capillare anche per recuperare
risorse e esperienze umane che, soprattutto nelle aree urbane, non si
devono sprecare. I comuni su questo, ha aggiunto Redolfi, lavorano
bene e ci sono esempi di successo come nel caso di Villagarina dove
un gruppo di 28 persone è in contatto con gli anziani soli. Il
presidente Tullio Cova ha affermato che il ruolo dei circoli,
all’interno della riforma, riguarda proprio il lavoro sulle
solitudini e la depressione. Interventi che riguardano anche la
prevenzione in campo sanitario.
Consolida:
va bene puntare sulla domiciliarità ma c’è ancora un forte
bisogno di Rsa.
Serenella
Cipriani, presidente del cda di Consolida, ha affermato che nella
riforma ci sono elementi apprezzabili, ma anche questioni aperte per
quanto riguarda il privato sociale. Una riforma buona nel metodo
perché si sono ascoltati tutti; bene anche la regia posta nelle mani
delle Comunità, ma il tema della domiciliarità però non è stato
affrontato in modo puntuale e non è stata approfondito in modo
sufficiente. Un aspetto sul quale le coop sociali andrebbero
ascoltate e anche “Spazio argento” andrebbe aperto al confronto
col privato sociale. Italo Monfredini, consigliere delegato
Consolida, ha aggiunto di essere d’accordo sull’investimento,
previsto dal ddl, nell’assistenza domiciliare ma non va dimenticato
che permane una domanda molto forte di Rsa. Su questo c’è una
risposta privata, data dalle coop, e quindi si dovrà, lo dicono i
numeri, continuare ad investire nelle Rsa. Per questo è
indispensabile che ci siano investimenti privati in questi settori.
C’è quindi, per Consolida, un’incongruenza nella riforma e
sembrerebbe un’occasione mancata non riconoscere i partner
dell’ente pubblico in questo settore, anche per questo sarebbe
importante ritagliare un ruolo in “Spazio argento” alla
cooperazione sociale. Perché, ha aggiunto Monfredini, se la
cooperazione porta risorse per potenziare i servizi non è pensabile
che venga esclusa dai luoghi di decisione. Giusta la delega, da parte
della Pat, alle Comunità delle scelte politiche, ma anche la
cooperazione deve avere un ruolo. Anche perché il privato sociale
vuole investire in questo settore, anche a fronte del calo delle
risorse pubbliche. Tra l’altro, ha aggiunto Monfredini, le Rsa non
sono riservate agli anziani, anzi ormai sono tutto ciò che non è
ospedale. E’ vero che investire sul domiciliare significa investire
sulla qualità della vita, ma ci sono problemi, come le demenze, ha
aggiunto, che mettono in croce le famiglie e quindi le risposte
residenziali sono indispensabili. Per questo motivo, ha detto in
conclusione, ha senso dividersi tra domiciliari e Rsa perché bisogna
puntare assieme a innalzare il livello dei servizi.