La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha profondamente modificato il regime di riparto delle competenze e funzioni fra Stato e regioni, riscrivendo l'articolo 117 della costituzione, che ne sta a fondamento.
I nuovi principi costituzionali che regolano il quadro delle competenze sono così sintetizzabili:
- allo Stato sono riservate in via esclusiva alcune competenze puntualmente enumerate nell'art. 117, secondo comma, della costituzione, da svolgere nel rispetto dei limiti generali posti alla funzione legislativa dall'art. 117, primo comma (competenza esclusiva dello Stato);
- alle regioni sono attribuite una serie di competenze, da svolgere nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, indicate nell'art. 117, terzo comma (competenza regionale concorrente);
- alle regioni l'art. 117, quarto comma, attribuisce infine il compito di legiferare in via esclusiva su tutte le materie non riservate allo Stato o alla loro competenza concorrente; si tratta di una competenza residuale e innominata, da svolgere nel rispetto dei limiti generali posti alla funzione legislativa dall'art. 117, primo comma (competenza residuale esclusiva delle regioni);
- si ribalta quindi il principio di distribuzione delle competenze legislative fra Stato e regioni: la competenza legislativa regionale pare aumentare nei contenuti ed essere potenzialmente aperta, idonea a legiferare su ogni materia altrimenti non riservata dalla costituzione ad altri soggetti. Ma questo non significa che allo Stato siano riconosciute competenze marginali e poteri ridotti o di scarso rilievo: le attribuzioni riservategli dalla costituzione sono infatti molte e molto rilevanti, in quanto attengono a settori fondanti dell'ordinamento generale (basti pensare ai codici e alle procedure). Nella sua concreta applicazione, anche a opera della giurisprudenza costituzionale, questi poteri hanno assunto un ruolo via via più pervasivo, mentre gli spazi per le regioni che parevano aprirsi si sono man mano ristretti;
- cambia anche il
regime dei limiti che l'attività legislativa deve rispettare, posto che - a parte la competenza concorrente, tradizionalmente vincolata dai principi delle leggi cornice - i limiti all'attività legislativa sembrano gli stessi, sia per lo Stato che per le regioni, e si sostanziano nel rispetto della costituzione e nei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, primo comma, della costituzione). Nei fatti, però, le competenze esclusive dello Stato in alcune materie (cosiddette trasversali) paiono aver recuperato a quest'ultimo spazi d'influenza sulla potestà legislativa regionale nuovi e anche maggiori, rispetto al passato;
- oltre a essere apparentemente uniforme fra Stato e regioni, il regime dei limiti alla funzione legislativa pare attenuarsi e semplificarsi: infatti non sono ricordati alcuni limiti (limite dei principi di grande riforma economico-sociale, limite dei principi dell'ordinamento giuridico statale, limite dell'interesse nazionale) che erano tipici della competenza legislativa esclusiva delle regioni speciali, e comunque di generale applicazione. Anche qui, però, vale il ragionamento abbozzato poc'anzi sul crescente peso di alcune competenze esclusive statali, che paiono assumere il ruolo precedentemente svolto da altri limiti;
- si semplifica il quadro delle tipologie delle stesse competenze regionali: non sono più ricordate in costituzione la competenza delegata e quella integrativa, riassorbite in quella di tipo esclusivo;
- di conseguenza s'è parlato, negli anni scorsi, d'un accentuarsi del
processo di omologazione nei regimi delle regioni ordinarie e speciali. In particolare la competenza legislativa concorrente o ripartita non è più l'unico tipo di competenza esercitabile da parte delle regioni ordinarie: anche a queste viene riconosciuto un tipo di competenza legislativa di grado primario (teoricamente meno vincolato rispetto alla competenza esclusiva disposta dagli statuti speciali), prima attributo delle sole regioni ad autonomia speciale. Inoltre i limiti che derivano dall'esercizio delle competenze esclusive statali sembrano estendersi indistintamente a tutte le regioni, spesso. Ne sono esempio le clausole che riservano allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, o la tutela dell'ambiente dei beni culturali, fatti valere secondo criteri di uniformità e di unitarietà (art. 117, secondo comma, della costituzione);
- le regole generali sul riparto di competenze legislative fra Stato e regioni contenute nell'articolo 117 della costituzione non esauriscono le ipotesi di competenze legislative attribuite a questi due soggetti. Altrove sono richiamate nuove attribuzioni legislative, talvolta importanti, poste in capo allo Stato (art. 117, quinto comma, sulla procedura per la partecipazione e delle regioni al regime comunitario; art. 117, nono comma, sugli accordi e le intese internazionali stipulate dalle regioni; art. 118, terzo comma, sul coordinamento delle politiche sull'immigrazione, l'ordine pubblico e la tutela dei beni culturali; art. 119, terzo comma, sul fondo perequativo; art. 119, sesto comma, sull'autonomia patrimoniale degli enti locali; art. 120, secondo comma, sui controlli sostitutivi); o alle regioni (art. 117, ottavo comma, sulla ratifica delle intese interregionali).
Le ricadute di questo complesso di nuove regole sul sistema statutario delle competenze sono molte. Alcune di immediata applicazione; per altre l'effetto è più insicuro e opinabile. Il principio che consente (o che obbliga) a una rilettura e a una riconsiderazione del regime delle competenze statutarie alla luce della riforma della Costituzione è dato dall'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (clausola di applicazione della normativa più favorevole): l'effetto è quello di integrare (se del caso anche automaticamente) l'ordinamento statutario rispetto alla disciplina oggi in vigore con i contenuti più favorevoli e più ampi per l'autonomia, mantenendo invece invariate le disposizioni statutarie derogatorie rispetto alla disciplina costituzionale. Ciò comporta un doppio ordine di conseguenze:
- la riforma del titolo V della costituzione, in teoria, dovrebbe agevolare e accrescere l'autonomia, ma non comprimerla, perché restano in piedi le regole statutarie più favorevoli;
- la riforma pareva aumentare l'autonomia sotto un duplice profilo: sia riconoscendo nuove competenze e materie in cui legiferare, sia comprimendo il regime dei vincoli e dei limiti imposti dallo statuto, per applicare al loro posto il regime costituzionale più favorevole.
In concreto il dato statutario, oggi, va riconsiderato alla luce di queste riforme, ma soprattutto dalla lettura che ne hanno dato i governi e la corte costituzionale. L'esame degli
effetti sul regime delle competenze legislative può procedere secondo alcune linee generali che qui di seguito si suggeriscono, avvertendo che la dottrina s'è espressa su questo tema in modo disomogeneo, e che la definizione giuridica di questo nuovo regime dipende in gran parte dalla giurisprudenza costituzionale:
- la regione e/o la provincia autonoma può esercitare le competenze residuali di cui all'art. 117, quarto comma, della costituzione (relativa alle materie non espressamente riservate alla competenza esclusiva statale e alla competenza concorrente) che non risultino loro già attribuite da statuto e norme di attuazione, secondo il regime dei limiti previsti dalla costituzione. Di fatto, però, le competenze residuali riconosciute alle regioni ordinarie sono state interpretate in maniera piuttosto restrittiva, e sono stati fatti anche per esse i limiti derivanti dalla competenze esclusive statali di tipo trasversale;
- le competenze esercitate attualmente in via esclusiva dalla regione o dalla provincia autonoma (articoli 4 e 8 dello statuto) continuano a essere esercitate in via esclusiva, sia che ricadano nel catalogo delle competenze dichiarate concorrenti dalla costituzione (art. 117, terzo comma, della costituzione), sia che ricadano nella competenza regionale residuale (art. 117, quarto comma, della costituzione): ma in quest'ultimo caso le competenze in parola sono soggette al regime dei limiti costituzionali (art. 117, comma primo, della costituzione) teoricamente più favorevole rispetto al regime dei limiti statutari; quindi non si dovrebbero più applicare i limiti delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, dei principi dell'ordinamento giuridico della repubblica, degli interessi nazionali. Specie con riferimento a quest'evenienza, però, l'esercizio delle competenze trasversali esclusive da parte dello stato non pare aver ampliato i nostri spazi d'autonomia;
- le competenze esercitate in via concorrente dalla regione o dalla provincia autonoma in base allo statuto (articoli 5 e 9), se rientrano fra quelle classificate come concorrenti dalla costituzione, tendono ad essere assimilate a queste ultime (es.: tutela della salute); se non rientrano fra le competenze concorrenti dell'art. 117, terzo comma, della costituzione sono esercitate in via residuale;
- le nuove competenze (non disciplinate dallo statuto) che rientrano fra quelle regionali concorrenti (art. 117, terzo comma, della costituzione) sono esercitate come concorrenti, con il solo limite dei principi fondamentali contenuti nella legge statale: è il caso della nuova materia delle professioni, che d'altronde ha ricevuto una declinazione piuttosto restrittiva, quanto ai poteri d'intervento delle regioni;
- la regione o la provincia autonoma continuano a esercitare (nei limiti statutari) le competenze loro attribuite, che risulterebbero invece (in base all'art.117, secondo comma, Costituzione) riservate alla competenza esclusiva dello Stato (ad esempio la competenza provinciale in materia di tutela del paesaggio, o quella regionale in materia di ordinamento degli enti locali): il regime delle competenze derogatorie rispetto alla costituzione non può subire peggioramenti;
- naturalmente l'esercizio di nuove competenze o l'esercizio meno vincolato di competenze già attribuite può richiedere il trasferimento di beni o altri strumenti necessari all'esercizio di ulteriori funzioni amministrative: a ciò si può far fronte attraverso norme di attuazione dello statuto (vedi l'art. 11 della legge n. 131 del 2003).